S.Macrina di Cappadocia

Sorella di S.Basilio e di S.Gregorio di Nissa, S.Macrina era l’ultima di 10 figli di  una famiglia di Santi. Al momento della sua nascita (327), un misterioso personaggio apparve a sua madre in tre riprese, ordinandole di dare alla figlia il nome di S.Tecla, prima martire e modello delle Vergini cristiane. Ella serbò in segreto questo nome, ma la bambina ricevette il nome della sua nonna, Macrina l’Anziana, che era discepola di S.Gregorio il Taumaturgo e che era vissuta nelle foreste del Ponto  al tempo della grande persecuzione. Sua madre si preoccupò di istruirla non nella cultura profana e nelle frivolezze comune alla gente della sua condizione, ma in tutto ciò che, nella Scrittura ispirata, conveniva alla sua età e alla sua formazione morale, in particolare i Libri della Sapienza e dei Proverbi. I Salmi di Davide l’accompagmavano in tutte le sue attività, quando si alzava,

quando si metteva al lavoro e al suo termine, all’inizio e alla fine del pasto, prima di coricarsi e nel corso della notte per pregare. Quando ebbe  12 anni, la sua bellezza non poteva rimanere nascosta, suo padre la fidanzò a un giovane di alta qualità e di buona reputazione, che stava per finire gli studi, e che aveva promesso di aspettare che Macrina raggiungesse l’età giusta per lo sposalizio. Tuttavia quest’uomo morì per volere di Dio prima delle nozze,ciò che permise alla Santa di realizzare il suo segreto desiderio: vivere nella verginità per unirsi a Dio. Si presentarono numerosi pretendenti. ma Macrina preferiva consacrarsi come una vedova, senza aver potuto godere delle gioie e della grazia della vita coniugale. A causa della sua speranza nella resurrezione, ella pensava che il suo sposo era partito per un viaggio. Separandosi da ogni legame col mondo, ella visse insieme a sua madre, mettendosi al suo servizio per le incombenze domestiche, anche quelle che erano riservate alle schiave, e assistendola anche nell’educazione dei suoi fratelli e sorelle. Dopo la morte di suo padre (341) ella si curò della gestione delle loro grandi proprietà, situate nel Ponto e nella Cappadocia e nell’Armenia, e , con l’esempio, invitò sua madre a considerare più importanti i beni incorruttibili: la contemplazione di Dio e la vera filosofia. Esse conducevano insieme una vita ascetica , dandosi alla lettura e alla meditazione delle Sacre Scritture, e Macrina era per tutti, protettrice, pedagoga e modello di virtù. Una volta libera dall’educazione dei suoi figli, la madre Emmélia, spartì tra di  loro i suoi beni, e trasformò la casa di Annisa ( città vicino a Neo Cesarea nell’Ellesponto)  in un monastero. Esse fecero delle loro serve delle compagne di ascesi, e Macrina riuscì a convincere Basilio , che rientrava da Atene dopo brillanti studi, a rinunciare a una carriera brillante di retore, per abbracciare la vita evangelica. A fianco del monastero femminile, che si arricchiva per l’arrivo di nobili vedove, si formò una Comunità maschile, diretta dal fratello più giovane di Macrina, Pietro, futuro Vescovo di Sebaste. S.Naucrazio si era ritirato in un eremo – che occuperà in seguito S.Basilio – sulla riva opposta dell’Iris, che veniva incontro ai bisogno ai bisogno di anziani poveri con i  prodotti della sua caccia. Libera dall’impedimento delle necessità del corpo e delle preoccupazioni di questa vita, Macrina e le sue compagne, conducevano nel loro  ritiro, una vita ai confini tra la natura umana e la natura angelica. Non vi era tra di lro, né collera, né invidia, né odio, né arroganza, nulla di triste, né desiderio di onore o di gloria. La loro gioia era la temperanza, la loro gloria era di essere sconosciute a tutti, a loro fortuna era di non possedere nulla. Vivevano del lavoro delle loro mani, ma restavano immuni da preoccupazioni: il loro vero lavoro consisteva nella meditazione delle realtà divine, la preghiera incessante, il canto continuo degli inni. Non vi era differenza tra il giorno e la notte: perché durante la notte erano impegnate nelle opere della luce, mentre il giorno imitava il riposo notturno per l’assenza di turbamenti nella loro vita. Sublimato dall’ascesi, il corpo di S.Macrina era simile al corpo glorioso della resurrezione. Versava continuamente lacrime e tutti i suoi sensi erano consacrati alle cose divine, così che così leggero era famigliare alle Potenze celesti. L’applicazione della vera filosofia, secondo Cristo, mediante la crocifissione delle passioni della carne, le permise di giungere a un livello di virtù sempre più perfetto. Un giorno venne colpita da un tumore al seno. Malgrado le suppliche di sua madre, ella rifiutò di sottoporsi alle cure dei medici, non volendo scoprire agli occhi maschili una parte del suo corpo. Passò la notte in preghiera nella chiesa e bagnò con le sue lacrime la piaga. Al mattino chiese a Emmélia di tracciare un segno di croce sul suo seno, e l’ascesso sparì lasciando una piccola cicatrice. Ella aveva una tale impassibilità mediante la sua grande preghiera , che alla morte di Naucrazio, durante una partita di caccia, ella fu per sua madre e per tutta la sua famiglia un modello di dominio di sé e di fede nella vita etena. Anche nelle sventure che colpirono la sua Comunità, ella dimostrò una grandezza d’animo, forte come un’atleta esposta ai colpi, tanto davanti al letto funebre di Emmélia, quanto davanti a quello di S.Basilio, il sole dell’Ortodossia che morì nel 379. E se ella si afflisse , non fu per la perdita del suo fratello, ma perché vedeva la Chiesa privata del suo Maestro e del suo sostegno. Quando la fame si abbatté sulla Cappadocia nel 368, il monastero di Annisa, divenne una vera città, rifugio e consolazione della popolazione vicina, e , per le preghiere della santa, le rìserve di grano che veniva distribuito a chi aveva bisogno, si rinnovavano  miracolosamente. Poco tempo dopo la morte di S.Basilio, S.Gregorio di Nissa, apprese che sua sorella era caduta gravemente ammalata, e si recò in visita al monastero dopo 9 anni di assenza. Egli la trovò distesa su una panca, indebolita dalla febbre, ma con uno spirito libero che riguardava le realtà celesti, di modo che il suo corpo si rinfrescava come una rosa. Nel ricordo del suo fratello Basilio, invece di lamentarsi, la santa approfittò dell’occasione per dissertare lungamente sulla natura dell’uomo, il senso della Creazione, l’anima e la resurrezione della carne. Nel suo discorso, soprattutto su questi argomenti, la sua parola correva come l’acqua di una sorgente fresca e gorgogliante.Fin alla fine ella non smise di discutere sull’argomento che aveva costituito l’oggetto della sua scelta di vita:l’amore dello Sposo invisibile, che sperava di raggiungere senza alcun attaccameno alla vita terrena. Quando ella sentì la fine avvicinarsi, finì di rivolgersi ai presenti che gli stavano vicino e tendendo le mani verso Dio, mormorò questa preghiera: “Signore,  Tu hai fatto sparire da noi la paura della morte. Tu hai reso per noi la fine della nostra vita come l’inizio della vera vita, Tu doni ai nostri corpi il riposo temporaneo e ci risveglierai al suono delle trombe nell’ultimo giudizio. Tu hai lasciato alla terra in deposito il fango che le Tue mani hanno plasmato, per venire poi a riprendere ciò che Tu hai  dato, trasformando con l’immortalità e la bellezza, ciò che in noi è mortale e deforme.Tu ci hai liberato dalla maledizione e dal peccato. Tu hai spezzato la testa del Dragone che precipitò l’uomo nell’abisso della disobbedienza. Tu hai aperto la via della Resurrezione dopo aver spezzato le porte dell’Inferno e ridotto all’impotenza colui che regnava sulla morte. Tu hai donato a coloro che ti temono il segno della Santa  Croce, per annientare l’Avversario e dare sicurezza alla nostra vita. O Dio eterno verso cui mi sono slanciata fin dal seno di mia madre, Tu che la mia anima ha amato con tutte le sue forze, Tu che hai consacrato la mia carne e la mia anima, dalla mia giovinezza fino a questo istante, metti vicino a me un Angelo di luce che mi conduca per mano al luogo della freschezza, là dove si trova l’acqua del riposo, nel consesso dei Santi Padri. Tu che hai spento le fiamme della spada di fuoco, e portato in Paradiso il Ladrone che era stato crocifisso con Te, e che si era abbandonato alla Tua misericordia, ricordaTi anche di me nel Tuo Regno, perché anch’io sono stata crocifissa con Te, hai inchiodato la mia carne col timore di Te, e sono stata pervasa dall’amore di Te mediante i Tuoi precetti. Non separarmi dai Tuoi eletti con un abisso invalicabile. Che l’Avversario non ostacoli il mio cammino e che il mio peccato non venga messo davanti ai Tuoi occhi a causa della debolezza della mia carne, per le mie cadute nei pensieri, nelle parole e nelle opere. Tu che hai sulla terra il potere di rimettere i peccati, rimettili anche a me, e  una volta che l’anima si sia separata dal corpo, io mi presenti davanti a Te, con un’anima immacolata e irreprensibile, come l’incenso davanti al Tuo Volto”, Con queste parole la Santa tracciò un segno di Croce sui suoi occhi, sulla sua bocca e sul suo cuore, poi cessò con un gran sospiro in un sol istante la sua preghiera e la sua vita. Nel corso dei suoi funerali presieduti da S.Gregorio, ai quali assistette una folla immensa, la bellezza spirituale di S.Macrina risplendette in maniera straordinaria sul suo corpo, che sembrava quello di una fidanzata. Accompagnata da canti e inni, come nelle feste dei Martiri, ella su sepolta a Ibora, nella tomba dove riposavano i suoi genitori, nella Chiesa dei SS.Quaranta Martiri.

 

 

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