S.Policarpo, vescovo di Smirne ieromartire

Policarpo di Smirne (Πολύκαρπος ο Σμυρναίος; Smirne, 69 circa – Smirne, 155) è stato un vescovo, teologo e santo greco antico.

Fu discepolo di Giovanni apostolo e divenne vescovo di Smirne durante il regno di Traiano. Come teologo, godette di grande autorità e fu uno dei pastori più stimati del tempo. È venerato come santo da molte Chiese cristiane e la sua memoria liturgica è celebrata il 23 febbraio (per i copti, l’8 marzo).
Dei suoi numerosi scritti, sono pervenute solo una Lettera di Policarpo ai Filippesi, scritta alla comunità di Filippi (tra il 107 e il 140), in cui riferisce del viaggio di Ignazio di Antiochia a Smirne e dalla quale si ricavano numerose informazioni sugli usi e la fede dei primi cristiani. Fu maestro di Ireneo di Lione, fondatore di chiese nelle Gallie e suo biografo. Secondo la tradizione, sarebbe stato lui ad inviare in Gallia Benigno di Digione, Andochio, Andeolo del Vivarais e Tirso (venerati come santi dalla Chiesa Cattolica) per evangelizzare il Paese.
Biografia
Dalla sua celebre passio (comunemente nota come Martirio di san Policarpo), redatta sotto forma di lettera circolare inviata alla comunità cristiana di Filomelio, città della Frigia posta tra Licaonia e Antiochia di Pisidia, si deduce che nacque nel 69 (avrebbe subito il martirio all’età di 86 anni): figlio di genitori cristiani, fu discepolo, con Papia di Ierapoli, di Giovanni il Presbitero (per la tradizione Giovanni apostolo), dal quale fu consacrato vescovo della città di Smirne.[1]
Divenne uno dei più autorevoli e stimati vescovi del suo tempo, tanto che nel 154 fu scelto come rappresentante della Chiesa d’Asia e inviato a Roma a discutere con papa Aniceto la questione della data di celebrazione della Pasqua.
A Roma e a Smirne contrastò la diffusione delle dottrine docetiche di Marcione e Valentino.
Secondo Ireneo di Lione, che era stato discepolo di Policarpo, Marcione incontrò Policarpo nel 154 e attribuisce a Marcione la condanna, “il primogenito del demonio”, che Policarpo aveva scritto nella sua lettera ai Filippesi, senza indicare nomi.
Durante l’impero di Antonino Pio (138 – 161) fu catturato per ordine del proconsole Stazio Quadrato: essendosi rifiutato di sacrificare per l’imperatore, fu condannato ad essere arso vivo nello stadio della sua città e, visto che miracolosamente le fiamme non lo consumavano, fu ucciso con un colpo di pugnale..
Fonti
La principale fonte su Policarpo è il suo discepolo Ireneo di Lione (130-202), che lo menziona in Adversus Haereses (III 3.4) e nelle lettere a Florino e a papa Vittore. Le altre fonti sono Girolamo (347-420) in De illustribus viris, XVIII ed Eusebio di Cesarea (265 – 340) in Ecclesiastica Historia, IV. 15, 1-43
Opere
Lettera di Policarpo ai Filippesi
La lettera inizia con delle esortazioni alle virtù, indicando gli insegnamenti da trasmettere alle donne, alle vergini, ai giovani, unite ai doveri che riguardano i diaconi e i presbiteri. Ai giovani, in particolare, si raccomanda di tenersi lontani “dalle passioni di questo mondo, perché ogni passione fa guerra allo spirito” e “siano sottomessi ai presbiteri e ai diaconi come a Dio e a Cristo”. Riguardo ai presbiteri, si raccomanda loro di visitare gli infermi, di occuparsi dell’assistenza alle vedove e agli indigenti oltre che alla riconciliazione dei peccatori[2], “cercando di ricondurre gli sviati”.
La lettera, che ci è giunta parzialmente in greco e integralmente in una traduzione in latino [3] , nasce probabilmente dalla fusione di due scritti[4]: il primo (cap. 13-14) è un biglietto di accompagnamento delle lettere di Ignazio raccolte da Policarpo (110 circa), il secondo è invece un testo sugli affari interni della Chiesa e sul rischio dell’eresia (cap 1-12), scritto diversi anni dopo.
Lo scritto ha un’impostazione anti-docetista e conferma numerose affermazioni fondamentali per l’ortodossia allora in fase di formazione. Nella sua lettera Policarpo cita ripetutamente la prima lettera di Pietro e varie lettere di Paolo. Sono presenti inoltre due citazioni della prima lettera di Giovanni e più citazioni dirette dei Vangeli. Secondo alcuni studiosi[5] la teologia di Policarpo aveva comuni basi paoline con quella di Marcione, con la grande differenza che il santo accoglieva tutte le Sacre Scritture e la tradizione apostolica (“[…] come ci fu comandato da Lui e dagli Apostoli, che ci predicarono il Vangelo, e dai profeti che ci preannunciarono la venuta del Signore Nostro”, si legge nella Lettera di Policarpo ai Filippesi), mentre Marcione rigettava tutto l’Antico Testamento e tre Vangeli su quattro, accogliendo del Nuovo Testamento solo le parti che non contrastavano con i suoi insegnamenti.
Lettera di Ignazio a Policarpo
Esiste inoltre una lettera di Ignazio di Antiochia a Policarpo, il cui contenuto non ha interesse storico. Ignazio cita Policarpo nelle sue lettere agli abitanti di Efeso e Magnesia. Queste lettere sono state raccolte da Policarpo nel 107 quando incontrò Ignazio il quale veniva trasferito a Roma prigioniero.

Tratto da Wikipedia

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