S.Simeone Barsabba vescovo katholikos di Persia

Quando sotto il regno di Sapor II°(309-378) i cristiani cominciarono a divenire numerosi e influenti in Persia, i Magi della religione mazdaica, temendo di perdere i loro privilegi e gelosi del loro successo, cominciarono ad accusarli presso il Re di complottare contro di lui con l’imperatore romano.

Nel 340 Sapor, avendo bisogno di un copioso finanziamento per condurre una guerra contro i Romani, raddoppiò le tasse sui cristiani, in modo che per evitare l’indigenza ed evitare la crudeltà degli esattori finissero per rinnegare la loro religione.. Il beato Simeone Barsabba, Vescovo di Seleucia e di Ktesifonte, capitale dell’impero, e metropolita di tutta la Persia, rifiutò di sottomettersi all’Editto, e scrisse al sovrano questa lettera: “Gesù è il Re dei re. Non è possibile di renderci vostri servi. Noi siamo degli uomini liberi e non saremo mai schiavi degli uomini. Il nostro Dio è anche il vostro Maestro: egli è il creatore dei vostri dei. Non possiamo adorare le sue creature. Egli ci ha raccomandato:”Non portate né oro né argento nelle vostre cinture.” Non abbiamo dell’oro da darvi, né argento per pagare le vostre tasse.” Ricevendo questa lettera il Re s’infurò e spinto dai suoi cortigiani, ordinò di passare a fil di spada i preti e i servitori di Dio, di distruggere le chiese, di destinare gli oggetti sacri ad uso profano e di portare in tribunale Simeone come traditore del regno di Persia per aver trattenuto relazioni con i Romani. Mentre i Magi con l’aiuto dei giudei distruggevano le chiese, S.Simeone fu catturato insieme ai suoi più anziani preti Abdhailkà e Hanania, e fu trascinato in catene alla residenza reale. Entrato nella sala delle Udienze il Vescovo non fece la prescritta adorazione del sovrano. Sapor si irritò e gli domandò la ragione perchè non si era sottomesso all’ingresso. “E’ perché io finora seguivo le usanze verso la maestà regale senza essere sollecitato come al presente di tradire il mio Dio che è il vero Dio!” rispose il prelato. Il Re abbandonò i capi d’imputazione che i Magi presentavano con odio, per proporre al Vescovo ogni favore se avesse adorato il sole.” Ma – replicò il Vescovo – io non ti ho adorato, anche se tu sei più eccelso del sole perché possiedi anima e intelligenza: Come potrei adorare il sole che è senza anima? Non vi è che un solo Dio, Gesù Cristo morto sulla croce! Egli è il maestro del sole e il Creatore degli uomini. Quando soffrì nelle mani dei suoi nemici, il sole che Egli ha creato si addolorò, come un servo quando muore il suo padrone. Ma al terzo giorno, Egli è resuscitato nella gloria del Cielo.”. Il Re minacciò di far morire migliaia di cristiani a causa della sua ostinazione. Simeone rispose: “Se tu versi sangue innocente, come minacci, dovrai rendere conto nel giorno del Giudizio. So semplicemente che le vittime regneranno grazie alla loro morte: ma la loro condanna sarà la tua morte. Per quanto riguarda la mia vita , prendila subito, uccidimi come vuole la tua volontà perversa!”. Sapor lo fece rinchiudere in prigione fino all’indomani sperando che potesse cambiare opinione. Alla porta del palazzo si trovava un eunuco anziano di nome Ustazad che era stato precettore del re ed era stato nominato Maestro del Palazzo. Egli era cristiano ma durante la persecuzione si era sottomesso alla volontà del re ed aveva adorato il sole. Vedendo il Vescovo passare lo salutò rispettosamente, ma Simeone girò lo sguardo con repulsione e continuò il suo cammino. Questo atteggiamento fece ritornare in sé Ustazad e, piangendo si cambiò i vestiti di corte con quelli del lutto. Sapor, appresa la cosa, fece convocare l’eunuco e gli domandò la ragione del suo cambiamento: ” Ho preso il lutto – rispose – perché ho mancato di lealtà verso Dio e verso la tua maestà. E’ stato per farti piacere e non per convinzione, che ho fatto finta di adorare il sole…per cui è doppiamente giusto che io muoia…per aver tradito il Cristo e per averti ingannato. Io sono Cristiano, e non rinnegherò più il mio vero Dio!”. Irritato fortemente il sovrano ordinò di tagliargli la testa immediatamente. Mentre stava andando verso il luogo del supplizio Ustazad chiese un ultimo favore, in nome del leale servizio da lui svolto per tanti anni. Ottenne che un araldo proclamasse che era stato condannato a morte non per un qualche crimine ma solo perché era Cristiano. Egli perì nel giorno del Grande Giovedì (341). Quando Simeone apprese questa notizia nella prigione, fu molto felice e rese gloria a Cristo che risveglia i morti, converte i peccatori, ridona la speranza ai disperati, e pregò Dio di accelerare l’ora della sua liberazione. Durante la notte del Grande Giovedì, elevò le mani al cielo e col volto risplendente come una rosa, pregò così: ” Gradisci, Gesù che nel giorno e nell’ora della Tua morte, io sia giudicato degno di bere al Tuo Calice! Le piaghe dei miei passi saranno guariti in Te, o via della Verità, le fatiche delle mie membra troveranno riposo in Te, o Cristo. Olio delle nostre unzioni sacre. In Te la tristezza della mia anima sparirà. Tu sei la coppa della mia salvezza, le lacrime dei miei occhi saranno asciugate da Te, o nostra consolazione e nostra gioia!”. All’indomani, Grande e Santo Venerdì, alla terza ora venne fatto uscire dalla prigione, per condurlo davante al Re, che lo istigò ancora una volta ad adorare il sole, ma vanamente. “Affrettati a condannarmi – gli disse Simeone – è tempo che io prenda parte alla festa, la tavola è pronta, il mio posto è già assegnato!” Pronunciando queste parole, egli si teneva nobilmente, maestoso, il viso raggiante, cosicché il sovrano non poté non ammirare la sua beltà, ma spinto dai Magi e dai notabili, lo condannò a morire per la spada. Un centinaio di Vescovi, preti, diaconi e monaci, erano ammassati nelle carceri della città. su ordine del re , il capo dei Magi propose loro di aver salva la vita se avessero adorato il dio-sole. Tutti risposero con voce ferma e all’unanimità: “La morte è poca cosa in paragone della nostra fede, dare la nostra vita è niente, in paragone al nostro amore per Cristo!”. L’ordine fu allora dato di eseguire la condanna a morte sotto gli occhi di Simeone. Ma, lungi dall’essere sconvolto da questo spettacolo, il beato li incoraggiava, come la madre dei fratelli Maccabei, dicendo: “Siate forti, fratelli, confidate in Dio, e siate senza paura. Il Signore è stato messo a morte e ha vinto. Quando voi sarete morti come Lui, vivrete vicino a Lui. Ora la Morte sta per arrivare, ma sappiate miei beneamati, la nostra morte si cambierà in vita eterna., mentre questa vita si cambia in morte eterna per coloro che rinnegano Dio. Noi diamo il nostro sangue e Lui ci dona il suo Regno con la gioia e il riposo” . Non rimasero in vita se non Simeone e i due vecchi preti che lo accompagnavano. Mentre Hanania veniva spogliato delle vesti e preparato, alla vista della spada si mse a tremare. Pusaik, il capo di tutti gli artigiani del regno, uomo potente e rispettato, che si trovava presente, gridò: ” Non tremare Hanania, non tremare! Alza un po’ gli occhi e vedrai la luce di Cristo!”. Fu subito preso dalle guardie e trascinato davanti al re, furioso di vedere uno dei suoi favoriti prendere le parti dei Cristiani. Alle domande di Sapor, Pusaik rispose: ” Sì io sono Cristiano, preferisco la loro morte, e ripudio i tuoi onori, perché questa morte è segno di gioia!”. Furioso per la collera, Sapor ordinò di ucciderlo in maniera particolarmente crudele. Venne strozzato e la sua lingua venne strappata dalla gola, poi venne uccisa la sua figlia che era anch’essa Cristiana.Giunto il momento del suo supplizio, Simeone pregò per la conversione dei suoi aguzzini, domandò al Signore di benedire le città dell’Oriente che gli erano state affidate, e di proteggere tutti i suoi fedeli fino al termine della persecuzione. La sua testa cadde sotto la spada, conformemente al suo voto il Grande e Santo Venerdì, alla nona ora. Si racconta che in quel momemto le tenebre si diffusero in tutta la Persia e che gli spettatori furono presi da un grande spavento . Durante la notte i Cristiani seppellirono i corpi dei martiri, e tempo dopo S. Marutha fece trasferire le SS.Reliquie nella sua città episcopale, che prese il nome di Martiropoli. Il martirio del Katholikos di Persia segnò l’inizio di una persecuzione generale. Durante dieci giorni, i Magi pagani, approfittando del decreto del Re dei re, per soddisfare il loro odio e il loro rancore personale, massacrarono ciecament tutti i cristiani che trovarono, fin dentro il Palazzo. Quando Sapor seppe che avevano messo a morte il suo eunuco preferito, Azat, ne fu tanto afflitto che ordinò la cessazione di questo pubblico massacro, e di uccidere solo i Vescovi e i preti. La persecuzione continuò così solo per il clero, per tutti i 40 anni in cui visse Sapor (379) ma essa ornò di gemme incorruttibili il vestito nuziale della Chiesa di Persia.

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