S.Longino il Centurione, martire

Quinto Cassio Longino (in latinoLonginus; … – 37?) è, secondo una tradizione cristiana, il nome del soldato romano che trafisse con la propria lancia il costato di Gesù crocifisso, per accertare che fosse morto, come riporta il vangelo secondo Giovanni:« … ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua. »   ( Gv 19,34,) Nei vangeli canonici non è presente il nome del soldato; il nome “Longinus” deriva da una versione degli Atti di Pilatoapocrifi. Longino è venerato come martire dalla Chiesa ortodossa e come santo dalla Chiesa cattolica.

Longino probabilmente è un nome fittizio che deriva dal greco λόγχη (“lònche”), lancia. Nessuno dei Vangeli canonici nomina la figura di Longino, ma Luca, Matteo e Giovanni parlano di un soldato che, prima che il corpo di Cristo fosse concesso a Giuseppe di Arimatea e Nicodemo per la sepoltura, per assicurarsi che Gesù fosse morto gli colpì il fianco con la lancia, da cui “uscì sangue e acqua” (Gv 19,34[1] e altri). Secondo una tradizione orientale e greca, passata poi anche in occidente, si trattava di un soldato cieco da un occhio o comunque afflitto da un grave disturbo agli occhi, che sarebbe guarito al contatto col sangue sprizzato[2].

Secondo gli Acta Pilati Longino era inoltre il centurione al comando del picchetto di soldati posti a guardia del sepolcro di Cristo, che avevano anche assistito alla sua morte. In occidente la sua figura si fuse poi con quella del centurione, citato da Matteo, che riconobbe la natura divina di Gesù, esclamando “vere iste Filius Dei erat”, “veramente costui era Figlio di Dio” (Mt 27,54[3])[2]. Nella lettera apocrifa di Pilato a Erode, Gesù risorto si rivolge alla guardia del sepolcro Longino chiedendogli: “Non sei stato tu che hai fatto la guardia durante la mia passione e al mio sepolcro?”[4].

Questa fusione è poi attestata, in maniera limpida, nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, scritta nel 1273, che è alla base dell’agiografia corrente[2].

Gli sviluppi della polemica antigiudaica avviata da Giovanni, tesa ad assegnare agli Ebrei tutta la responsabilità della morte di Cristo, fece sì che anche le figure dei soldati romani che molestarono Cristo sulla croce, cioè Longino e “Stefaton” (come viene chiamato secondo una tradizione medievale colui che offrì la spugna imbevuta di aceto) diventassero ebrei, come se ne trova traccia in alcune rappresentazioni iconografiche[2]. Matteo dopotutto (27, 65-66) scrisse che la guardia lasciata a sorvegliare il sepolcro di Cristo era dei sacerdoti del Tempio, quindi ebrea[2]..

Agiografia

Nato nella città di Anxanum (oggi Lanciano), dove sarebbe tornato in vecchiaia, militò nella Legione Fretense, di stanza in Siria e nella Palestina attorno all’anno 30. Altre leggende sostengono che sia nato in Cappadocia. Secondo la tradizione fu il centurione romano che al momento della morte di Gesù gridò: ”Costui era veramente il figlio di Dio”[5], e che successivamente, quando il corpo di Gesù doveva essere deposto dalla croce perché stava per incominciare il sabato, giorno di festa per gli ebrei, in cui non si potevano lasciare i cadaveri dei condannati a morte esposti per evitare di spezzargli le ossa delle gambe, come prescriveva la legge, per un atto di pietà, preferì colpirgli il costato con la lancia, dal quale sgorgò sangue e acqua.[6] Una tradizione medievale racconta che Longino era malato agli occhi, ma il sangue di Gesù, schizzato su di essi, lo guarì. Potrebbe essere una leggenda popolare nata per dire che la vista del sangue di Cristo, mentre era ai piedi della croce, gli aprì gli occhi alla fede cristiana.

Comandò poi i soldati messi di guardia al sepolcro di Gesù, e dopo la sua Risurrezione andò assieme alle altre guardie dai sommi sacerdoti a riferire l’accaduto. Questi tentarono di corromperli con doni e promesse affinché testimoniassero falsamente che i soldati di guardia al sepolcro si erano addormentati, permettendo che i seguaci di Gesù ne trafugassero il corpo, per poi dire che era risorto[7]. Mentre gli altri soldati si lasciarono corrompere, Longino rifiutò di dire il falso, anzi contribuì a diffondere a Gerusalemme il resoconto della Resurrezione di Cristo. Per questo motivo cadde in disgrazia agli occhi dei maggiorenti della città, che decisero di farlo uccidere. Il centurione, però, avendo scoperto questo disegno, lasciò l’esercito romano assieme a due commilitoni e si rifugiò in una contrada poco distante da Lanciano.

Un’altra leggenda vuole che costui tornò in Cappadocia, ove si diffuse la notizia della Resurrezione, convertendo al cristianesimo molte persone. La cosa fu notata dalle comunità israelitiche presenti nella regione, che la riferirono subito ai sacerdoti di Gerusalemme, che intervennero presso Pilato chiedendo la condanna a morte di Longino per tradimento. Pilato acconsentì e inviò in Cappadocia due fidati soldati della sua guardia con l’ordine di catturare lui e i suoi due compagni, decapitarli e riportargli indietro le loro teste. Appena giunti questi incontrarono Longino, ma non lo riconobbero, anzi gli chiesero dove potessero rintracciarlo. Il centurione si offrì di aiutarli e li ospitò in casa sua per tre giorni. Quando giunse il momento di accomiatarsi, i due soldati gli chiesero come potevano sdebitarsi dell’ospitalità, egli allora si rivelò dicendo: Sono Longino, che state cercando, sono pronto a morire e il più grande regalo che possiate farmi è di eseguire gli ordini di chi vi ha mandato. I due non volevano credere alle sue parole, ma poi dietro le sue insistenze e per paura della punizione di Pilato, si decisero a eseguire la sentenza su di lui e sui suoi due compagni. Longino raccomandò loro dove dovevano seppellire il suo corpo, si fece portare da un servo una veste bianca, la indossò e si lasciò decapitare.

Le due guardie riportarono a Gerusalemme le teste dei tre condannati, che Pilato fece esporre alle porte della città e che poi fece gettare in una discarica. Dopo qualche tempo, una povera donna cieca della Cappadocia, rimasta vedova, si mise in viaggio per Gerusalemme guidata dal figlioletto per chiedere la grazia di essere guarita: appena giunse nella città il figlio morì lasciandola sola e senza guida. Le apparve in sogno Longino, incoraggiandola e promettendole che avrebbe pregato per la sua guarigione, le chiese poi di aiutarlo a dare degna sepoltura alla sua testa e le indicò il luogo dove doveva andare a cercarla. La cieca allora, facendosi accompagnare, ritrovò la testa di Longino nella discarica, sotto un mucchio di pietre, e appena la toccò riacquistò la vista[Nota 1]. Dopo le riapparve in sogno il santo che la rassicurò, facendole vedere che il figlio era già in paradiso. La pregò poi di riporre la sua testa nella stessa bara del figlio e di seppellirla a Sardial nel suo villaggio natale.

Un’altra tradizione riguarda il ritorno di Longino in Italia da Gerusalemme, nella sua città natale, ossia Anxanum, l’attuale Lanciano: qui avrebbe predicato e donato tutti i suoi averi ai poveri, prima di essere catturato e giustiziato. Nel luogo di sepoltura venne costruita la chiesa di San Legonziano (l’attuale chiesa di San Francesco). La testa invece fu riportata indietro a Pilato per provare l’avvenuta esecuzione.

Un’ulteriore tradizione racconta che portò con sé in Italia il sangue raccolto dalla ferita di Gesù in un’ampolla, osservando che il sangue si liquefaceva (questo particolare sarebbe simile al miracolo del sangue di San Gennaro). Longino sarebbe poi stato martirizzato nei pressi di Mantova.[8] [Nota 2]

Culto e tradizione mantovana

Il Martirologio Romano fissa la memoria liturgica il 15 marzo, quello orientale il 16 ottobre.

Secondo la tradizione di Mantova, dopo il martirio avvenuto nei pressi della città, fu seppellito nel sito dove poi sorse la basilica di Sant’Andrea.[Nota 3] Nella cripta della stessa basilica si conservano tuttora la reliquia della fiala del “preziosissimo sangue di Cristo“, che sarebbe il sangue raccolto da Longino, e la reliquia della spugna usata per dare da bere l’aceto a Gesù.

La leggenda mantovana appare ben definita. Così come la espone Ippolito Donesmondi, nella Historia Ecclesiastica di Mantova del 1612, essa si sviluppa in tre momenti distinti. Longino, risanato, giunge a Mantova nell’anno 36 portando con sé la reliquia del Santo Sangue, che nasconde in un luogo segreto nei pressi dell’Ospedale dei Pellegrini[9], in prossimità di un tempio di Diana, là dove sorgerà poi la chiesa di Sant’Andrea. Incomincia quindi la sua predicazione. Infine, il 15 marzo del 37 viene martirizzato per decapitazione in un sobborgo chiamato Cappadocia; a ricordo del suo sacrificio viene posta una grata. Due secoli più tardi sarà costruito nei pressi un oratorio intitolato a S. Maria, detta del Gradaro.

Il corpo del martire sarebbe per caso sepolto, il 2 dicembre dell’anno 37, proprio là dove era interrata la reliquia. Il tutto sarà ritrovato una prima volta nell’anno 804, quando Andrea apostolo, apparso a un fedele, indica con precisione il luogo dove si trovava la cassetta portata da Longino. Nello stesso sito si scoprirono le ossa del martire, oggi conservate anch’esse nella basilica di Sant’Andrea. Il ritrovamento ebbe la fulminea approvazione di Carlo Magno e del papa Leone III, convenuti tempestivamente sul posto.

La santificazione del vecchio soldato avvenne il giorno 2 dicembre 1340 sotto il papato di Innocenzo VI.

Nelle raffigurazioni artistiche Longino viene rappresentato:

  • Ai piedi della croce, in armatura da legionario romano, con l’elmo e il gladio al fianco, mentre con la sinistra si ripara gli occhi e con la destra colpisce con la lancia il costato di Gesù.
  • Inginocchiato, con la testa su di un ceppo, pronto per essere decapitato e con gli occhi cavati (perché prima della decollazione avrebbe avuto gli occhi cavati).
  • Con l’armatura mentre uccide con la lancia un drago.
  • Vestito da legionario, con in mano un’ampolla contenente il sangue di Cristo.

Una statua di san Longino è presente nella basilica di San Pietro in Vaticano, scolpita da Gian Lorenzo Bernini.

Leggenda di Longino a Lanciano

A Lanciano esiste una leggenda popolare che riguarda il ritorno di Longino in Italia da Gerusalemme. Il soldato, dopo la conversione, avrebbe predicato nella città, stabilendosi nella sua villa che donò ai poveri. Per la sua fede cattolica sarebbe stato denunciato e condannato a morte, e nel luogo dove fu sepolto sarebbe sorto, nell’VIII secolo, il convento di San Legonziano (“Legonziano” proviene da una variante di “Longino”), sopra una cappella in rovine, che serviva come luogo di culto per il martire.

In effetti i resti del convento vecchio di San Legonziano e Domiziano sono inglobati nella chiesa medievale del XIII secolo dedicata a San Francesco d’Assisi. La parte vecchia della chiesa si concentra sotto le fondamenta e presso la base del campanile, e si collegano a dei cunicoli romani della vecchia Anxanum che porta a Ponte Diocleziano (III secolo). La leggenda lancianese vuole che il giorno di Pasqua tre figure di tre affreschi differenti (XIV secolo) di tre diverse chiese della vecchia Lanciano (San Francesco, San Giovanni e la Madonna del Ponte) si animino e interagiscano tra loro, apparendo sotto forma di ombre nella piazza Plebiscito per annunciare la Buona novella.

Inoltre la credenza popolare lancianese vuole che il nome latino della città “Anxanum” provenga dalla prodigiosa lancia di Longino. Infatti il nome della città cambiò in Lanxianum e poi in Lanciano. Anche lo stemma della città riporta l’immagine di una lancia che punta verso il cielo sopra tre colli, i tre colli della città vecchia di Lanciano.

La lancia di Longino

Nel Medioevo ebbe anche grande diffusione un’altra reliquia del santo, la sua lancia. In verità, numerose furono le reliquie identificate con la lancia di Longino.

Gli imperatori del Sacro Romano Impero, ad esempio, da Ottone I in poi, avevano fra le proprie insegne la cosiddetta Sacra Lancia (o Lancia del Destino), e presto arrivarono a identificarla con quella. Nella punta di questa lancia sacra fu incorporato un chiodo di ferro che sarebbe uno di quelli usati per crocifiggere Gesù. Ancora oggi essa è custodita nel palazzo Hofburg a Vienna..

Un’altra reliquia della punta della lancia di Longino, raccolta dal re di Francia san Luigi, fu conservata con altre reliquie attribuite a Gesù, come la corona di spine e un frammento della Vera Croce, nella Sainte-Chapelle di Parigi fino alla Rivoluzione francese, quando furono disperse dai rivoluzionari.

 

La tradizione attribuisce al soldato romano Longino, che trafìsse con la propria lancia il costato di Cristo, la raccolta ed il trasporto di terra imbevuta del sangue del Salvatore nel luogo ove ora sorge la città di Mantova. Longino muore martire della fede nel 37 d.C. Al fine di preservare la sacra reliquia, la stessa viene sotterrata in un’urna e per lunghi secoli non se ne ha più notizia. Nell’ 804 avviene il primo ritrovamento dell’urna contenente la reliquia su indicazione di Sant’Andrea, essendo papa Leone III (795-816) e imperatore Carlo Magno (768-814), che richiede e ottiene dal primo l’autenticazione della reliquia. Una piccola parte della stessa viene donata da Carlo Magno alla cappella reale di Parigi (Sainte Chapelle). Secondo una ipotesi condivisa da molti, Mantova viene contemporaneamente dichiarata sede vescovile e sul luogo del ritrovamento viene eretta una piccola chiesa in onore dell’apostolo Andrea. Da questa data decorre il novero degli anni (1200) che portano all’attuale giubileo della diocesi di Mantova (2004). Nel 923 Mantova è invasa dagli Ungari. La reliquia viene interrata, una parte nel giardino dell’allora ospedale di Sant’Andrea (o nell’orto dell’oratorio dedicato al Sangue di Cristo), un’altra nell’antica chiesa di San Paolo che era situata quasi accanto al duomo, nell’attuale seminario. Per alcuni decenni si perde traccia della reliquia. Nel frattempo si afferma sulla città il dominio dei signori di Canossa. Nel 1037 il vescovo di Mantova Itolfo fonda il monastero benedettino entro il quale si integra la chiesetta del IX secolo, di cui non restano né disegni né vestigia significative. Un’ala del monastero, nella forma modificata del XV secolo, recentemente restaurata, è visibile nell’attuale piazza Leon Battisat Alberti. Nel 1048, presente Beatrice di Canossa, avviene il secondo ritrovamento della parte maggiore della reliquia e delle ossa di San Longino. Tale ritrovamento induce all’ampliamento della originaria piccola chiesa di Sant’Andrea ed alla costruzione della cripta sul luogo della seconda “inventio”. Della chiesa non rimane alcuna traccia, così come della cripta, completamente rifatta alla fine del sec. XVI su progetto di Antonio Maria Viani

Tratto da Fonti varie

Share